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“La capacità di essere soli è la capacità di amare.
Ti sembrerà paradossale ma non lo è…
Solo coloro che sono capaci di essere soli
Sono capaci di amare, di condividere,
di raggiungere l’intimo nucleo dell’altra persona…
senza possedere, senza diventare dipendenti,
perché non sono assuefatti all’altro.”
Osho
Nel cammino delle nostre vite a volte ci sono periodi in cui abbiamo qualcuno di significativo con cui andare insieme; a volte, e non sempre per nostra scelta, ci troviamo a camminare da soli.
Ma noi umani siamo esseri sociali e stare da soli mantenendo equilibrio e serenità, è un’arte che s’impara. Allora si può essere soli senza sentirsi soli, senza soffrire del fatto di essere soli.
Si può “aver bisogno” senza essere bisognosi.
Si può “aver paura” senza essere paurosi o ansiosi.
La differenza è grande, significa avere spazio dentro di sé e così liberare anche le persone vicine da vincoli di dipendenza reciproca.
Le relazioni sono vitali: possiamo stare senza l’amore? No. Le relazioni d’amore sono anche il terreno in cui si vive l’esperienza basilare che può portare poi alla realizzazione mistica che lo Yoga ci indica e cioè dell’Unione con il Tutto o Samadhi.
Le relazioni d’amore, così come sono indispensabili, ci legano e ci tolgono libertà.
Una sorta di trappola in cui reciprocamente ci si sente e che è spesso accompagnata da contrasti e difficoltà. Meglio da soli?
Noi siamo ciò che siamo, grazie agli altri; in termini spicci noi non esisteremmo senza gli altri e il tutto che ci circonda. Non potremmo nemmeno provare amore senza che qualcuno prima ce l’abbia mostrato e l’abbia provato per noi.
Siamo esseri sociali e quando la sera chiudiamo gli occhi prima di addormentarci, ci accorgiamo che, se c’è qualcosa che ci tormenta, sono le difficoltà relazionali.
Vivere in armonia con i nostri cari e gli altri in generale, è davvero cruciale per il benessere interiore ma può accadere solo se si sta bene con sé stessi.
Nelle relazioni, che si tratti di una relazione d’amore o di avversione, la mente costruirà illusioni e proiezioni nel tentativo di riempire quel vuoto interiore negativo e le tante paure di quando non c’è una consapevolezza di sé. Nessuna relazione è esclusa da questo, nemmeno quelle con I figli. Una parte della disfunzione sta nel volere che gli altri soddisfino i nostri bisogni e ci proteggano dalle nostre paure. Questo crea dipendenza reciproca, una dipendenza che, ci s’illude , “renderà tutti felici”. Per un po’, a volte sembra funzionare, più frequentemente le relazioni, anche dell’amore più bello, sono accompagnate da delusioni e conflitti.
Con te o senza di te?
Quando riconosciamo le proiezioni che agiamo sugli altri, cominciamo a renderci conto che il nostro dolore e la nostra paura in realtà deriva dalla mancanza di consapevolezza di Sé; solo allora la mente può vedere davvero l’altro e percepirlo nella sua essenza e bellezza. Altrimenti il principe si trasformerà in rospo e la principessa in strega cattiva.
La consapevolezza di Sènon ci priverà delle relazioni d’amore o di avversione, ma le trasformerà. Alla fine il dolore che ci accompagna nelle relazioni speciali sarà sostituito dall’armonia delle relazione evolute.
Stare bene in solitudine, con sé stessi, è soprattutto il passo importante per stare bene con gli altri.
Affrontiamo ora un aspetto poco considerato riguardante l’arte di stare con gli altri e l’arte di star bene da soli.
Lo stare con l’altro o gli altri e lo stare da soli, risponde ad un ritmo che paragonerò, per facilità di comprensione, al ritmo del respiro. Utilizzando la metafora della respirazione, l’inspirazione corrisponde allo stare con l’altro, l’espirazione corrisponde allo stare da soli.
Come quando si respira, non possiamo sempre inspirare, cioè stare in compagnia, oppure sempre espirare, cioè stare da soli. Questo ritmo polare si può anche paragonare all’esperienza basilare piacere – avversione.
Inspirare o espirare descrivono un aspetto fondamentale della vita, che si manifesta come polarità.
Lo stare con gli altri è un nutrimento per l’essere umano ed è come un cibo che assumiamo, può essere anche un cibo che ci piace tanto… abbiamo la possibilità di gustarlo e proviamo piacere ma se continuiamo a mangiarlo senza fermarci, dopo un po’ ci accade una sensazione di avversione e smettiamo… anche se si trattasse della cioccolata più buona del mondo.
Così stare in compagnia di qualcuno che apprezziamo è un’esperienza di nutrimento.
Se si tratta di relazioni intime, ci si rilassa, si sciolgono le difese, e le due energie si fondono. Si sperimenta un’esperienza di connessione profonda e nutriente, e più profonda è, più appagante è; questa è la fase dello scambio e del nutrimento, ma ad un certo punto si raggiunge un punto massimo (per ognuno con tempi diversi) e si sente il bisogno di separarsi, accade con una sensazione di avversione e si cerca la distanza e la separazione.
È arrivato il momento di stare da soli, che non significa guardare da soli una serie televisiva o passare il tempo sui social o… significa stare con Sé stessi.
E stare da soli è un’arte che s’impara molto bene con la meditazione.
Queste due fasi sono naturali e per star bene con gli altri e con noi stessi abbiamo bisogno di conoscere che esistono, abbiamo bisogno di rispettarle in noi e negli altri, e abbiamo bisogno di prendere consapevolezza di ciò che ci accade nell’una e nell’altra e così riconoscere i nostri bisogni e le nostre paure.
Concludendo: la pratica della meditazione è ciò che permette di diventare sempre più consapevoli e ci aiuta a stare bene con noi stessi.
Di fatto nei momenti cruciali della vita si è soli; può esserci una persona cara molto importante vicino a noi ma in quei momenti abbiamo solo noi stessi con cui confrontarci. Ecco che avere alle spalle un’esperienza consolidata di meditazione è avere a disposizione uno strumento interiore preziosissimo.
Così è lo stare soli o in compagnia, “con te o senza di te?’”, è un enigma che si risolve non sul piano orizzontale ma su quello verticale, con la consapevolezza di Sé.
A cura di Lorena Trabucco Yoko
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