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La profondità dell’āsana – quando la pratica diventa meditazione
In Occidente capita che la pratica yoga sia presentata in modo molto riduttivo dagli stessi insegnanti, generando nei praticanti l’idea errata che si tratti di un’attività puramente fisica con qualche accenno alla spiritualità (la recitazione di un mantra o di una preghiera all’inizio o alla fine della lezione).
E’ vero che un approccio troppo profondo potrebbe allontanare definitivamente molti praticanti incerti (perché ciò che non è familiare può spaventare) e che ognuno ha bisogno dei suoi tempi per aprirsi spontaneamente a una ricerca interiore. Tuttavia, in questo modo, si perde il meglio dello yoga: la grande opportunità di essere in contatto con se stessi e di sperimentare la presenza, in poche parole di meditare, attraverso il lavoro fisico del corpo, durante la pratica degli āsana.
Per poter gioire dei benefici di una pratica yoga profonda, ogni āsana non va semplicemente eseguito ma deve essere vissuto: bisogna sentire e penetrare la postura che si assume. In questo modo l’āsana diventa un atto di contemplazione e un’opportunità di meditazione. E’ importante ricordare che, pur offrendo innumerevoli benefici anche fisici, la pratica degli āsana è stata tramandata a noi per poterci far facilmente sperimentare lo stato della meditazione, questo è il suo fine ultimo.
Queste parole dovrebbero confortare tutti noi praticanti, più o meno avanzati, sul fatto che non è tanto l’esecuzione perfetta dell’āsana che conta quanto il nostro atteggiamento verso il corpo fisico: come percepiamo il nostro corpo in una postura prestabilita, il rimanere presente ai pensieri che ci attraversano e, non ultimo perché importantissimo, l’intento.
Ci sono dei consigli pratici nell’esecuzione di ogni singolo āsana che possono aiutarci a praticare con maggiore profondità:
- trovare il punto di equilibrio nella posizione, tenendo conto che può variare anche a seconda del momento o dell’ora del giorno e mantenendo il giusto sforzo e impegno, nel profondo rispetto dei limiti che il corpo ci segnala;
- mantenere una consapevolezza diffusa di tutto il corpo senza lasciar andare nessuna piccola parte (meditazione) invece di focalizzare la propria attenzione su un unico punto (concentrazione), eccetto che non sia richiesto;
- ascoltare attentamente i messaggi che provengono dal corpo mentre si eseguono le posture ed essere disponibili a fare dei piccoli assestamenti costantemente: l’ascolto profondo del corpo e del respiro diventano la guida e la forma di apprendimento più efficace;
- ricevere con totale accettazione la posizione, sentire di diventare la postura stessa lasciandola così lavorare in profondità (esempio: se eseguo la posizione di Dhanurasana, l’arco, allora divento un arco, sento il mio corpo inarcarsi e le mie braccia diventare la corda dell’arco, sento di essere lo strumento della consapevolezza/arciere che si focalizza sull’obiettivo/centro).
Può apparire poetico ma l’āsana accade solo quando corpo e mente agiscono all’unisono. Con la costanza della pratica diminuiscono anche gli errori, i dubbi e gli “sforzi” e si incontra la saggezza, porta d’accesso alla gioia e alla consapevolezza.
“L’āsana deve racchiudere l’intero essere di chi lo esegue in una cornice di splendore e magnificenza. Questa è la pratica spirituale nella forma fisica”. (B.K.S. Iyengar – L’albero dello Yoga).
Eseguire gli āsana con questo livello di integrazione non è immediato e presuppone che scegliamo un approccio profondo e introspettivo in ogni momento della pratica.
Portando l’attenzione sull’ascolto del nostro corpo, sulla presenza e sul dialogo tra mente e corpo, ci distacchiamo dalla tendenza a fare confronti e dai pensieri competitivi che ci portano a esagerare e a farci male o a demotivarci. Quando siamo sul nostro tappetino non è più importante se abbiamo appena iniziato o se sono vent’anni che pratichiamo, non è importante se la persona che ci sta davanti riesce ad alzare la gamba più in alto della nostra o se, per via di tutta la ginnastica che abbiamo fatto in passato, riusciamo facilmente ad eseguire certe posture, ogni āsana, che sia facile o difficile da eseguire fisicamente, diventa un viaggio interiore e quello che conta è l’atteggiamento fisico-mentale-spirituale con il quale lo intraprendiamo.
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