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HO INCOMINCIATO AD ACCAREZZARE L’ARIA – impressioni sul TAI CHI CHUAN d’una praticante alle prime armi
- 21 Settembre 2018
- Pubblicato da: admin
- Categoria: Tai Chi

Nella piazzetta sotto casa ogni sera all’imbrunire si ritrovano una decina di persone.
Mentre stiro, per il troppo caldo, tengo aperte le finestre e li guardo.
Sono uomini e donne di diverse età e dai fisici più disparati, alcuni cadenti, altri tonici.
Indossano abiti comodi e dopo essersi salutati si sbarazzano di cinture, bracciali, orologi e collane. Si dispongono in tre file, orientandosi verso alcuni tigli giganteschi che adombrano il vecchio muro del cimitero del convento, profumandolo di fresco. Rimangono fermi per qualche istante, le ginocchia flesse e le braccia morte lungo i fianchi.
Poi iniziano a muoversi, pianissimo e insieme, eseguendo tutti le medesime figure.
Pare una coreografia ciò che vedo, una lenta danza o anche le mosse di un’arte marziale eseguita a rallentatore.
Vanno avanti così per tre, quattro minuti, tornano da capo, ricominciano.
Cinque, dieci, venti volte.
Man mano che gambe e braccia creano nuove forme, diventano tutti più armoniosi.
Prendono il ritmo, vanno insieme, come se i loro respiri fossero all’unisono.
Hanno nomi poetici quelle figure.
Un’istante prima di eseguirle, vengono chiamate da uno di loro che sta sempre in testa al gruppo.
Li sento quei nomi. Parlano di piante, animali, stelle, persino di strumenti musicali.
Anche del cielo che sta sopra la testa, e della terra che sta sotto i piedi. E di loro stessi, che ci giocano in mezzo.
Prima d’andarsene, la maggior parte si siede ai lati della piazza per lasciare campo libero a pochi, che eseguono figure senza interruzioni per una ventina di minuti.
Poi si alzano e, formato un cerchio, si salutano unendo i palmi delle mani davanti al cuore. Alcuni se ne vanno, altri restano per quattro chiacchiere.
Racconto di questi movimenti ad alcuni amici ma nessuno sa dargli un nome o dirmi a cosa servano. Tuttavia la curiosità me la toglie a sua insaputa l’uomo delle figure, quello che le chiama durante la pratica.
Stasera ci sono alcune facce nuove in piazzetta e prima di muoversi invita tutti a sedersi e inizia a parlare.
“Qualcuno di voi sa cosa sia il Tai Chi?” chiede ai presenti, svelandomi involontariamente il nome di quella sequenza di mosse. Quasi tutti ne sanno poco o niente. Hanno letto qualcosa in internet o visto degli spezzoni televisivi dove vecchi cinesi in kimono fanno ‘gesti’ armoniosi nelle piazze e nei parchi.
Una interviene.
“Mi sono incuriosita quando ho visto nella scena finale di Notting Hill alcune persone vestite di bianco danzare piano in un parco di Londra attorno alla panchina dove Hugh Grant e Julia Roberts parlano d’amore”.
“Ho visto quel film. Quelli vestiti di bianco stavano facendo Tai Chi”, le dice l’uomo delle figure. “Nasce in Cina un migliaio d’anni fa. Osservando la natura, un monaco inventa quest’arte marziale, ottimo stretching in preparazione al combattimento. Infatti una delle possibili traduzioni dell’ideogramma Tai Chi Chuan è “fare la boxe con le ombre”. Con gli anni però perde questo scopo autodifensivo a favore della lentezza e della ricerca dell’equilibrio “tra il pieno e il vuoto”, che è un’altra possibile traduzione del medesimo ideogramma. Io pratico lo stile Yang, uno stile dolce, dove non sono contemplati sforzi e la leggerezza è la benvenuta. E’ una forma lunga, fatta di 108 movimenti. Ma di questo e altro tratteremo più avanti. Ciò che veramente conta è praticarlo”.
L’uomo si alza, fa un passo, come per mettersi in posizione e iniziare. Altri lo seguono, ma un ragazzo alto e magro, appoggiato di schiena a uno dei tigli, gli chiede dove abbia imparato.
“A Treviso, dal maestro Gudo Bozak, assieme al mio amico Raffaele Marcon, studioso di Medicina Tradizionale Cinese. Ci siamo andati per più di dieci anni e lo pratichiamo da venticinque. Gudo, che ce lo ha insegnato, lo ha appreso dal ballerino macedone Grant Muradoff, e Muradoff da Gia Fu Feng, raffinato poeta cinese, calligrafo e maestro di Tai Chi”.
Come termina, l’uomo delle figure intuisce che la pratica dovrà attendere e si rimette seduto. Tutti stanno confabulando tra loro.
Un’anziana signora e una ragazza disquisiscono sui benefici che può portare questa disciplina. Sono state indirizzate al Tai Chi dal loro medico curante, la prima perché non dorme, la seconda per dolori lombari e cervicali.
Mentre ripongo la biancheria stirata nell’armadio sento l’uomo delle figure parlargli e resto sorpresa dagli innumerevoli benefici che questa pratica, se diventa quotidiana, può arrecare alle articolazioni e al sistema respiratorio. Lenisce il mal di schiena, la cervicale, le rigidità e il formicolio degli arti. Migliora la circolazione e la pressione arteriosa. Mitiga gli sbalzi d’umore e le tensioni provocate da ansia e stress. Combatte l’insonnia e diminuisce il tremore nei malati di Parkinson.
‘Il buon medico cura la gente prima che si ammali’ recita un proverbio cinese: il Tai Chi diviene una medicina preventiva che ha come obiettivo il raggiungimento del benessere psicofisico.
Ora si alza in piedi e invita tutti a prendere posizione.
Prima di accarezzare l’aria, nome della figura di partenza, espone un ultimo concetto.
”Il Tai Chi non è solo una ‘ginnastica della lunga vita’. E’ anche ‘trappola per la mente’ e ‘meditazione in movimento’.
Il maestro Cheng Man Ching ci direbbe di far sprofondare il Chi cioè il respiro o energia, nel Dan Tien, più o meno sotto l’ombelico, che per i cinesi è il centro del corpo. Tutti i movimenti sono legati alla respirazione che è la protagonista principale di questa disciplina. Abbinando le figure al respiro si acquista maggiore lentezza e si smette di pensare. La testa si svuota, come quando si medita. Ci si guarda dentro, vedendoci per quello che siamo. Se durante la pratica si resta aggrappati ai pensieri che impazzano come scimmie ubriache, le figure si confondono, non prendono forma”.
Poi non dice più nulla e inizia a muoversi.
La sera seguente decido di scendere e raggiungere il gruppo. Tutti mi salutano e mi sorridono. Mi rivolgo subito all’uomo delle figure, dicendo di avere visto dalla finestra il Tai Chi e di volerlo praticare. Anche lui sorride e m’invita a prendere posto in mezzo a loro. La pratica ha inizio. Mi sento goffa, sono mosse talmente semplici che spiazzano, non ci sono abituata.
Eppure accarezzando l’aria più e più volte incomincio a sentirmi serena senza sapere perché.
Davide Drusian – Istruttore Centro Yoga Yoko
Bibliografia essenziale :
– Grant Muradoff “Tai Chi Chuan”
Disciplina del movimento per la ricerca dell’equilibrio del “sé” volumi 1.2.3.
Edizioni Mediterranee
– Gudo Bozak “Principi e pratica del Tai Chi Chuan”
Disciplina interiore e armonia fisica nell’arte marziale “dolce” cinese.
Edizioni L’età dell’Acquario
– T.Horwitz, S.Kimmelman, H.H.Lui “Taiji quan”
La ‘meditazione in movimento’; l’arte marziale fluida e armoniosa per un profondo
equilibrio tra forza esteriore ed energia interiore.
Red edizioni
– Cheng Man Ch’ing “Tredici saggi sul T’ai Chi Ch’uan”
Feltrinelli edizioni
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